Prova
TROSSARELLO GABRIELE • 21 ottobre 2025
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Giacomo (nome di fantasia per motivi di privacy) ci espone il seguente caso. Ai primi di marzo si trovava a percorrere , a bordo del proprio autoveicolo una strada statale dell'entroterra ligure, intorno alle 18.00 di sera, quando improvvisamente un grosso cinghiale attraversava la strada. Giacomo non riusciva ad evitare l'impatto con l'animale. Il veicolo di proprietà di Giacomo subiva gravi danni e il cinghiale, seppur ferito, riusciva ad allontanarsi verso i boschi posti ai lati della strada. A bordo dell'autoveicolo di proprietà di Giacomo e condotto da quest'ultimo si trovava, in qualità di passeggero, l'amica Alessia (nome di fantasia per motivi di privacy). Da indagini svolte da Giacomo il nostro lettore veniva a sapere che altri automobilisti avevano segnalato alle Autorità competenti il passaggio di cinghiali proprio in quel punto esatto. Giacomo ci chiede se può ottenere un risarcimento dalla Pubblica amministrazione e quale sia il soggetto al quale chiedere tale ristoro. Mi sento di poter tranquillizzare Giacomo. In questi casi, infatti, è possibile richiedere un risarcimento dei danni alla Regione, in quanto responsabile della custodia della fauna selvatica. Inoltre, nella vicenda descritta dal nostro lettore, giocano a favore di quest'ultimo due elementi: prima di tutto l'amica Alessia può testimoniare a favore del nostro lettore circa l'esatta dinamica del sinistro, in secondo luogo, il fatto che altri automobilisti avessero in passato segnalato che in quel punto erano soliti attraversare dei cinghiali non può mandare esente da responsabilità la Regione che non potrà affermare di non poter controllare ogni tratto di strada pubblica o che il sinistro è stato causato da un fatto fortuito. Più precisamente, la giurisprudenza della Corte di Cassazione afferma che la Regione, per andare esente da responsabilità, deve fornire la prova liberatoria del caso fortuito (si veda, da ultimo, Cass. Ord. 6/04/2025), ossia che la condotta dell'animale si è posta totalmente al di fuori della propria sfera di controllo ed è stata posta in essere in maniera inevitabile e il fatto di sarebbe verificato anche se fossero state adottate le più adeguate e diligenti misure (si veda anche Cass. n. 7969 del 2020). La prova del fatto che in quello specifico luogo vi fosse abituale passaggio di animali, avrebbe dovuto, invece, onerare la Regione di porre in essere gli opportuni accorgimenti tecnici per impedire l'attraversamento della fauna selvatica (ad esempio con l'apposizione di reti metalliche) Pertanto ritengo che la domanda risarcitoria eventualmente proposta da Giacomo possa trovare accoglimento.

Diego (nome di fantasia per motivi di privacy) ci scrive di aver venduto un immobile a Caterina (nome di fantasia per motivi di privacy). Dopo la vendita, Caterina scopriva che l’immobile era privo del certificato di agibilità e presentava difformità strutturali rispetto al progetto originario. Per questo Caterina chiedeva a Diego il risarcimento del danno patrimoniale e non patrimoniale a Diego, nonché richiedeva che il giudice riducesse, previo accertamento tecnico, il prezzo dell’immobile. Diego ci chiede se potrebbe rischiare di perdere la causa che Caterina ha intentato nei suoi confronti. Ritengo che Diego possa stare tranquillo. Infatti, se il nostro lettore si procurasse il certificato di agibilità dopo la vendita, le pretese di Caterina non potrebbero trovare accoglimento. Invero, secondo una recentissima pronuncia della Corte di Cassazione (ordinanza 19923/2025), il certificato di abitabilità è essenziale ai fini della normale commerciabilità del bene, ma la sua mancata consegna non costituisce un inadempimento del venditore che ne abbia ottenuto il rilascio successivamente; in tali casi non è configurabile l'ipotesi di vendita di una cosa per un’altra. Quindi il nostro lettore non potrebbe essere considerato inadempiente se fornisse a Caterina il certificato, anche successivamente alla stipula dell’atto di vendita. Inoltre, i Giudici del Supremo Collegio affermano che la semplice mancanza del certificato, senza carenze sostanziali di agibilità, non genera automaticamente un danno risarcibile, anzi il danno deve essere dimostrato in concreto (es. diminuzione del valore dell’immobile, spese per sanatorie, ecc.). La Cassazione richiama, a tal proposito, una propria precedente pronuncia (la n. 23604/2023) in cui la Corte distrettuale aveva escluso il risarcimento del danno per mancanza di prova della ridotta commerciabilità degli immobili o dei costi sostenuti dagli acquirenti per ottenere il certificato. Sarà, quindi, onere di Caterina fornire in giudizio la prova di un tale danno, in difetto ogni sua pretesa risarcitoria non potrà trovare accoglimento.

Fabrizio (nome di fantasia per motivi di privacy) ci scrive di avere concesso un piccolo appartamento in comodato a Vincenzo (nome inventato per comodità espositiva). Ora Fabrizio ne vuole tornare in possesso e il nostro lettore, a tal fine, ha inviato una lettera di disdetta del contratto a Vincenzo. Tuttavia Vincenzo non vuole restituire l'appartamento a Fabrizio, perchè il comodatario afferma di aver usucapito l'immobile per possesso ultraventennale. Infatti, secondo Vincenzo il contratto era già stato risolto più di vent'anni fa, quando, a seguito di una richiesta di rilascio da parte di Fabrizio, Vincenzo si era rifiutato di rilasciare l'immobile in quanto non gli sarebbero state rimborsate alcune spese straordinarie da lui sostenute che, in quanto tali, sarebbero dovute ricadere sul comodante. Da allora, a detta di Vincenzo, lui avrebbe posseduto in maniera pacifica e continuata l'immobile come se ne fosse stato proprietario. Ma Fabrizio, a sua difesa, afferma che il contratto di comodato tra lui e Vincenzo avrebbe nascosto un contratto di locazione e che, in realtà, Vincenzo avrebbe continuato per diversi anni successivi alla asserita risoluzione del contratto, a corrispondere un canone di locazione a Fabrizio. Inoltre Fabrizio ha sempre mantenuto le chiavi dell'immobile occupato da Vincenzo, il quale non ha mai provveduto al cambio della serratura: Fabrizio è in grado di provare di essere entrato più volte nell'appartamento occupato da Vincenzo per farlo visionare da tecnici che avrebbero dovuto effettuare interventi di manutenzione straordinaria. Fabrizio, pertanto, ci chiede se Vincenzo possa uscire vittorioso da un eventuale vertenza giudiziale relativamente alla vicenda sopra delineata. Mi sento di poter tranquillizzare il nostro lettore. Infatti, con una recentissima pronuncia (ordinanza 7 maggio 2025), la Corte di Cassazione ha stabilito che l'interversione da detenzione in possesso (ossia il mutamento del titolo di possesso da conduttore o da comodatario a possessore uti dominus) deve essere provata da chi invoca la intervenuta usucapione, altrimenti non vi è interversione e tantomeno dichiarazione di usucapione. Il fatto che Vincenzo, per molti anni, anche dopo la presunta risoluzione del contratto, abbia corrisposto un canone di locazione a Fabrizio ed il fatto che Fabrizio abbia continuato a detenere le chiavi dell'immobile, costituiscono due elementi che depongono senza dubbio a favore di Fabrizio, Mi pare quindi difficile che un Tribunale possa dichiarare, in questo caso, l'intervenuta usucapione a favore di Vincenzo.



